Secondo l’Unesco Venezia non è più un sito in pericolo. Ma siamo sicuri sia una bella notizia?
Postato da Redazione Radio WOW il 19 Settembre 2023
È una cattiva notizia mascherata da buona quella che ha dichiarato Venezia fuori dalla «blacklist» Unesco dei siti Patrimonio dell’Umanità a rischio.
Dopo la raccomandazione pubblicata mesi fa dagli esperti dell’organizzazione internazionale che avevano giudicato insufficienti le misure messe in campo per lottare contro il deteriorarsi della situazione ambientale ed economica della città, la scorsa settimana gli stessi esperti riunioti a Ryad hanno deciso che no, la città non è più in pericolo. Ma cosa è cambiato?
Secondo il ministro Sangiuliano, che ha esultato insieme al presidente Zaia al sindaco Brugnaro, la decisione è «una grande vittoria per l’Italia e del buon senso» e discende dai «provvedimenti coraggiosi adottati dal Comune per gestire il turismo e garantire la tutela dello straordinario patrimonio culturale della città». Invece non hanno esultato i cittadini, che si stanno ancora chiedendo: quali sono questi provvedimenti coraggiosi?
Se lo chiede, per esempio, Toto Bergamo Rossi, direttore di Venetian Heritage, realtà impegnata concretamente tutti i giorni nella conservazione e manutenzione della città. «È un’occasione mancata, certo la città non si sta sgretolando, ma ha bisogno di continua manutenzione. Questo sindaco è populista, questo inserimento nella lista dei siti a rischio sarebbe stata una bella spinta per agire».
«Impegni degli ultimi mesi? – si chiede Jane Da Mosto, presidente dell’associazione We are here Venice – Venezia ha problemi che durano da moltissimo tempo. Questa ultima decisione Unesco è una decisione “politica”, ma la salvezza di Venezia, che ha bisogno di impegno e progetti importanti, non dovrebbe essere ridotta a una questione politica. L’Unesco, che dovrebbe tutelare l’umanità e il pianeta, con questa decisione si è mostrata molto debole».
Insomma poca festa e nessuna vittoria, né per i veneziani né per la città il cui stato rimane precario agli occhi di tutti. Il centro di Venezia vive in uno stato di degrado quotidiano (lo abbiamo raccontato bene qui), i cittadini ufficialmente superati numericamente dai turisti (in settimana i posti letto hanno sorpassato quelli dei residenti) sono asfissiati dalla congestione dei visitatori e mortificati dal progressivo impoverimento culturale. Tanto per fare un esempio, come è possibile che nella città che ospita uno dei festival del cinema più importante al mondo ci siano solo due sale cinematorgrafiche – con programmazione discutibile – e un solo teatro oltre La Fenice? Per non parlare della grande assente, la musica.
Intanto la laguna, che insieme al centro storico, fa parte del sito Unesco Patrimonio dell’Umanità, continua a riempirsi di barche sempre più grandi: tolte le navi da crociera in Canal Grande sembrano essersi moltiplicati i tour in laguna nord (e non solo) che portano senza controlli grandi gruppi di turisti in zone fragili. Rientrare da Burano anche in settimana è un’epopea, le code di pomeriggio arrivano fino alla fondamenta, per fare una passeggiata tranquilla a Venezia bisogna uscire all’alba o andare in una delle poche zone completamente fuori dalle rotte turistiche, sempre meno.
Gioele Romanelli, fondatore di Inside Venice e imprenditore alberghiero dice che ci vorrebbe più ascolto delle categorie: «Dovrebbero essere sentiti gli imprenditori più che le associazioni, altrimenti il confronto rischia sempre di essere fazioso».
Più ascolto, ma anche provvedimenti. Il Comune sta festeggiando in questi giorni l’approvazione di quello che viene chiamato ticket d’ingresso che verrà introdotto il prossimo aprile. Ma Toto Bergamo Rossi commenta: «Più che il ticket d’ingresso, sarebbe necessario richiedere la prenotazione obbligatoria. Proprio come nei musei. Non capisco la reticenza nel dire che Venezia è un museo a cielo aperto; i musei sono luoghi organizzati. Spero che questa tassa faccia almeno da filtro ai numeri». Ma il problema è anche dei veneziani, continua, che hanno messo in affitto ogni casa, stanza o palazzo. Tutti affittano con affitti brevi, «dalla marchesa con il palazzo nobiliare diviso in 14 appartamenti al gondoliere che mette la sua casa in affitto e va a vivere a Mestre. Gli affitti brevi permetto di guadagnare soldi facili ma distruggono la città. Goya che diceva “il sonno della ragione genera mostri”. Se non hai bisogno di fare altro perché l’affitto ti basta per vivere, ti appiattisci». E così appare oggi Venezia, una città piatta, dove tutti possono fare tutto, tranne vivere.
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