L’impegno di Lisa Noja per le persone con disabilità: «Poter godere di un concerto non è un diritto secondario»
Postato da Redazione Radio WOW il 19 Settembre 2023
«L’arte e la musica sono esperienze catartiche che possono fare la differenza tra vivere e sopravvivere.» Le parole della consigliera regionale Lisa Noja risuonano ancora nella mia testa a distanza di qualche giorno dalla nostra chiacchierata.Ne parlo con la consigliera Noja per far luce sulle origini e cercare possibili soluzioni.«Magari ci fosse un iter! In realtà ci sono vari iter a seconda dell’evento e delle decisioni che prende l’organizzatore. Di fatto per le persone con disabilità la procedura – che va dalla prenotazione all’acquisto del biglietto – è a discrezione delle organizzazioni. Quindi, non solo non esiste una procedura univoca, ma è anche complesso capire qual è la modalità di accesso, la quale è sempre distinta da quella che usano gli altri, a riprova di quanto la disabilità venga considerata ancora un mondo a parte. In genere gli organizzatori chiedono di compilare un modulo online o inviare una mail, allegando un documento che certifichi la disabilità. Dopodiché si aspetta, sperando di rientrare nel “magico cerchio degli ammessi”, fase anche qui molto nebulosa».«I criteri di selezione per l’ammissione all’area accessibile, che in linea teorica dovrebbero essere per ordine di arrivo, non sono quasi mai resi noti dagli organizzatori. Oltretutto, a differenza dei posti classici – dove sui siti d’acquisto hai a disposizione la mappa della struttura e sei in grado di vedere gli spot liberi e quelli occupati – l’area accessibile rimane sempre un mistero, che si svela solo il giorno del concerto. Quel che è certo però, è che i posti nell’area accessibile non sono mai sufficienti per coprire tutte le richieste che arrivano».«In quel caso si accede a una zona prestabilita, dove di solito c’è la famosa pedana, che è una sorta di “recinto” dove i posti accessibili sono in numero limitato e offrono spesso scarsa o assente visibilità. Essendo poi un’area a cui hanno accesso solo le persone con disabilità e i relativi accompagnatori, si viene spesso separati dal proprio gruppo di amici. Un’esperienza piuttosto escludente, specialmente per i giovani. Ricordo molto bene la rabbia, la frustrazione e la tristezza che provavo da ragazzina, quando ai concerti, nell’euforia che mi circondava, venivo reclusa in questo perimetro, lontana dai miei amici. Dove tra l’altro alla persona che mi accompagnava non era neanche consentito starmi accanto, ma doveva mettersi due o tre file dietro per permettere ad altre persone in sedia a rotelle di vedere quel poco che il “recinto” offriva».«Io penso che ci sia pigrizia nel voler seguire sempre le stesse procedure, perché in altri Paesi è stato possibile trovare soluzioni alternative. Lo stadio di Wembley, per esempio, dispone di oltre 300 posti fissi – presenti a tutti i livelli della struttura – accessibili a chi si muove su sedia a ruote, più altri adeguati per chi cammina, ma ha difficoltà di deambulazione. Inoltre, i biglietti si possono prenotare in modo chiaro, con un numero dedicato che risponde a tutte le necessità e fornisce supporto anche a chi ha disabilità sensoriali. In Italia invece, il problema nasce spesso dal fatto che si parte dal piano della sicurezza per poi inserire dopo le persone con disabilità, e senza tenere conto delle proporzioni numeriche. In questo caso l’accessibilità passa in secondo piano e viene “incastrata” alla fine in maniera estremamente inadeguata. Se le persone con disabilità fossero considerate di default durante la costruzione dei piani di sicurezza, le cose sarebbero molto diverse».«Insieme a diversi attivisti e persone con disabilità che sentono in maniera particolare questo tema, abbiamo iniziato un percorso di dialogo per strutturare una dichiarazione d’intenti, in cui spieghiamo in modo chiaro e diretto quali sono i punti chiave, ovvero: avere un percorso semplice, trasparente e paritario, che va dalla prenotazione all’acquisto del biglietto, fino all’arrivo al concerto; e ottenere posti rispettosi per un’esperienza che non sia segregante.
In primis, l’obiettivo è quello di cercare di coinvolgere più persone possibili, e non solo con disabilità ma chiunque senta questa causa come un diritto inalienabile, compresi gli artisti e i lavoratori dello spettacolo. Dopodiché, partire con una richiesta seria alle istituzioni per iniziare un lavoro collettivo che agisca sugli aspetti normativi, sugli investimenti al territorio e agli impianti che ospitano eventi sportivi e musicali. L’intento è quello di mettere a punto buone pratiche condivise tra tutte le organizzazioni, a dimostrazione che avere un’esperienza di intrattenimento rispettosa è possibile. Le cause portate avanti finora sono state cruciali, ma ora è il momento di unire le forze e far sì che questa diventi una battaglia di tutti, non solo di chi convive con una disabilità. Credo che ognuno di noi, nei momenti più difficili, abbia trovato conforto in una canzone o un artista del cuore. L’arte, in qualunque forma si manifesti, ha il potere di migliorare le nostre vite, e questo forse vale ancora di più per chi sperimenta quotidianamente le difficoltà di vivere in una società abilista e piena di barriere. Molti sono convinti che non poter godere di un concerto sia l’ultimo dei problemi per una persona con disabilità, ma non è così. Non si tratta affatto di diritti secondari o di minore importanza. La musica e lo spettacolo sono linguaggi universali in grado di risvegliare emozioni uniche, sensazioni che rendono la nostra vita più bella e più ricca, e questo vale per tutti».
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