La disuguaglianza globale crolla grazie alla risalita di Cina e India, ma il divario tra ricchi e poveri genera mostri
Postato da Redazione Radio WOW il 2 Ottobre 2024
Questo
articolo
sulla
disuguaglianza
globale
è
pubblicato
sul
numero
41
di
Vanity
Fair
in
edicola
fino
all’8
ottobre
2024.
Alla
recente
assemblea
annuale
dell’Onu
che
si
è
riunita
a
New
York
si
è
parlato
soprattutto
di
guerra,
ma
il
ramo
spagnolo
dell’ong
Oxfam
ha
cercato
di
imporre
anche
il
tema
della
disuguaglianza
globale.
C’è
un
nesso
tra
le
due
cose?
Nell’attività
di
Oxfam,
che
da
anni
presenta
report
sull’argomento,
sembra
di
sì.
In
un’era
di
«oligarchia
globale»,
dove
l’1%
della
popolazione
ha
più
ricchezza
del
95%,
non
ci
può
essere
pacifica
convivenza,
le
tensioni
sono
inevitabili.
I
Paesi
del
Sud
globale
rappresentano
il
79%
della
popolazione
ma
hanno
soltanto
il
31%
della
ricchezza.
Hanno
vinto
i
ricchi
è
il
titolo
del
nuovo
libro
del
giornalista
Riccardo
Staglianò
per
Einaudi,
che
racconta
come
negli
Stati
Uniti
e
in
Europa
tasse
sul
reddito
ridotte,
assenza
di
vere
imposte
patrimoniali
o
di
successione
e
sindacati
indeboliti
abbiano
lasciato
i
più
poveri
senza
prospettive
mentre
i
più
ricchi
si
arricchivano
ancora.
I
dati
dei
Paesi
Ocse,
quelli
industrializzati
di
cui
fa
parte
l’Italia,
ci
dicono
che
i
patrimoni
sono
molto
più
concentrati
dei
redditi:
se
la
ricchezza
si
accumula
e
viene
investita,
genererà
altra
ricchezza
e
nuove
disparità.
Quindi
la
disuguaglianza
sta
aumentando?
Se
guardiamo
soltanto
Europa
e
Stati
Uniti,
verrebbe
da
dire
di
sì,
anche
se
in
Italia
non
molto:
nel
nostro
Paese
l’indice
di
Gini
che
misura
la
disuguaglianza
dei
redditi
è
salito
e
poi
sceso
in
questi
anni,
l’ultimo
dato
disponibile
(2021)
è
38,8,
circa
lo
stesso
livello
del
2010.
A
livello
globale,
invece,
la
disuguaglianza
è
crollata
negli
anni
della
globalizzazione:
l’indice
di
Gini
è
passato
da
oltre
70,
a
inizio
anni
Novanta,
a
poco
più
di
60,
il
tasso
di
crescita
dei
redditi
del
5%
più
povero
della
popolazione
è
stato
sette
volte
maggiore
di
quello
dei
redditi
dell’1%
più
ricco
(nel
decennio
2008-2018).
Come
si
spiega?
Con
la
crescita
fenomenale
di
Cina
e
India,
grazie
al
loro
ingresso
nel
commercio
mondiale
dagli
anni
Duemila:
la
globalizzazione
ha
creato
tensioni
e
traumi,
soprattutto
all’interno
dei
Paesi
occidentali
che
vedevano
scomparire
posti
di
lavoro
e
redditi
sicuri
nell’industria,
ma
ha
sollevato
dalla
povertà
centinaia
di
milioni
di
cinesi
e
indiani.
Shekhar
Aiyar,
ricercatore
del
think
tank
Bruegel,
ha
scritto
sul
Financial
Times:
«Immaginate
che
in
tutta
l’America
i
salari
della
classe
media
crescano
molto
più
di
quelli
dei
milionari,
ma
questa
crescita
ha
l’effetto
collaterale
di
un
aumento
della
disuguaglianza
nei
redditi
a
Beverly
Hills»,
cioè
il
quartiere
più
esclusivo
di
Los
Angeles.
«A
qualcuno
importerebbe
se
la
differenza
di
salario
tra
Leonardo
DiCaprio
e
gli
altri
attori
minori
del
cast
aumentasse?»,
si
chiede
Aiyar.
La
domanda
è
meno
retorica
di
come
sembra.
Se
quella
differenza
–
cioè,
fuor
di
metafora,
l’aumento
della
disuguaglianza
dei
redditi
all’interno
dei
Paesi
ricchi
–
genera
effetti
collaterali
come
la
Brexit,
Donald
Trump,
i
neonazisti
di
Alternativa
per
la
Germania,
allora
mette
a
rischio
anche
la
globalizzazione
da
cui
il
Sud
globale
ha
tratto
tanti
benefici.
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